venerdì 19 febbraio 2010

Centrale coperto, una chimera?


Breve riepilogo dell’assurda storia del Campo Centrale del Foro Italico e degli sforzi (finora vani) di realizzare un’infrastruttura adeguata agli standard del torneo. 
Negli ultimi anni, sotto la spinta di sponsor e televisioni, del sempre più pressante “the show must go on”, le infrastrutture tennistiche di tutto il mondo sono state interessate da una autentica rivoluzione. Nuovi impianti e nuovi stadi sono stati costruiti un po’ in tutte le parti del mondo, sulla spinta della competizione globale. Strutture nuovissime, avveniristiche, capienti, confortevoli, dotate di tetto retrattile, spesso polifunzionali, in grado di garantire il regolare svolgimento degli incontri con qualsiasi tempo. 
Iniziarono gli australiani, una decina di anni fa, con la loro fantastica Rod Laver Arena. Poi venne Shangai, con il magnifico impianto coperto dove si è giocato negli ultimi 2 anni il Master di fine anno e che ospiterà il nuovo “Master 1000” di ottobre. A Madrid, il vulcanico Jon Tiriac ha creato la Caja Magica, con addirittura tre campi “Stadium” dotati di tetto mobile. Ad Amburgo, invece, il magnifico centrale del Rothenbaum con i suoi 14.000 posti coperti, non è stato sufficiente per evitare il declassamento del torneo. Infine, è caduto anche l’ultimo tabù, quello del mitico Centre Court di Wimbledon, dotatosi di un tetto retrattile che coniuga modernità tecnologica e design rigorosamente “retrò”.
A Roma, invece, piove. Piove sulle tribune prefabbricate, piove sulla nostra improvvisazione, sulla nostra cronica inefficienza, sulla nostra assoluta incapacità di programmare e realizzare progetti ad ampio respiro e a lunga scadenza.
Quella del Campo centrale del Foro Italico è una storia che viene da lontano, dai tempi in cui giocava Nicola Pietrangeli. Alla fine degli anni ’60, infatti, l’impianto romano, lo storico gioiello razionalista di Carlo Del Debbio, il magnifico campo adorno di statue di marmo, ma dalla capienza drammaticamente limitata (3.500 posti), viene provvisoriamente ricoperto di tribune prefabbricate con i tubolari Innocenti, che ne portano la capienza a 8000 posti. Sul piano architettonico e ambientale, è uno scempio. Ma la soluzione “provvisoria” andrà avanti per oltre 20 anni, finché la Soprintendenza riesce a vincere la sua battaglia – sacrosanta - con la Fit e con il Coni, obbligati a riportare le statue alla vista dei cittadini e dei turisti.
Allora, e siamo già all’inizio degli anni ’90, è la volta del famigerato Stadio dei Crampi, lo chalet in legno lamellare, un’opera clamorosamente sbagliata, un centrale angusto, scomodissimo e per giunta, dati i materiali utilizzati, “a durata limitata e predeterminata”. E sì, perché dopo un certo numero di anni, il legno, sebbene lamellare, marcisce, e bisogna smontarlo, pena rischi di natura strutturale.
Via quindi, agli inizi di questo millennio, con un nuovo progetto, questa volta, forse, un po’ più serio. 
Il CONI, la Fit e la giunta Veltroni raggiungono un accordo. 
Sorgerà uno stadio polifunzionale, dotato di copertura mobile, da oltre 10.000 posti, che grazie appunto alla copertura potrà essere utilizzato anche nel resto dell’anno, per eventi vari e per manifestazioni di altre discipline, come il basket e la pallavolo. Il costo, a totale carico del CONI, proprietario dell’impianto, è di 25 mln. di euro, già iscritti a bilancio dell’Ente e ammortizzabili facilmente grazie alla natura polifunzionale dell’opera, senza dubbio utilissima in una città in cui la costruzione delle ultime arene coperte risale al 1960, anno delle imprese di Livio Berruti e Abebe Bikila.
La Soprintendenza autorizza il progetto, si perde altro tempo, ma poi la data di consegna prevista è fissata a maggio 2009. 
Tutto ok quindi? Ma quando mai. Siamo in Italia, bellezza. 
Prima un ricorso di Italia Nostra, poi il recente cambio della guardia nell’Amministrazione Comunale capitolina, mandano tutto a rotoli. “Il progetto Veltroni è troppo impattante sul piano ambientale per un Monumento delle Glorie Patrie come il Foro Italico” tuona Gianni Alemanno, sindaco di destra per una volta più ambientalista del suo predecessore di sinistra. L’area del già Foro Mussolini è infatti sottoposta a vincolo monumentale, sebbene sia totalmente deturpata dall’orribile stadio Olimpico (ricostruito per i nefasti mondiali di calcio del ’90) e dalle sue orrende cancellate, corredate da tornelli, previste dal Decreto Antiviolenza, che doveva irreggimentare i barbari del calcio (mah…).
Si parla allora di spostare il torneo in un nuovo fantomatico impianto, da costruire “nella zona di Tor di Quinto”, area di indubbio interesse per palazzinari e affini. Tempo di realizzazione? Non si sa, e non si sa nemmeno chi lo pagherebbe. L’Atp e la Wta, allarmatissime, pretendono garanzie, e minacciano di togliere a Roma il rango di evento Master 1000, per ridarlo forse ad Amburgo.
La Fit, nel panico, si affida al CONI, che ne prende le parti nei confronti del Sindaco.
Inizia così una estenuante mediazione tecnico-politico-progettuale con il Comune, per trovare una soluzione ad un problema insolubile: come costruire un campo centrale di almeno 10.000 posti, corredato di copertura mobile, senza superare in altezza il livello dei pini marittimi, in un’area in cui se costruisci troppo in alto incorri nelle ire ambientaliste e se scavi troppo in basso incappi nella falda acquifera del vicino Tevere.
Per lunghe settimane, non se ne sa più nulla. Poi, finalmente, ci informano che il nuovo progetto “sarà pronto per il torneo del 2010”, rispetta l’ambiente “sarà in vetro e acciaio, anziché in cemento armato” e prevede una spesa di 37,5 mln. di euro. La differenza rispetto al vecchio progetto (un lievissimo ritocco di appena il 50%, che volete che sia) la metterà si spera, il Comune, con i fondi che (forse) arriveranno dal Governo per le celebrazioni del 150° Anniversario dell’Unità d’Italia. Che bravi i nostri politici. Hanno persino cambiato la storia. Perché si era sempre pensato che l’anno dell’unificazione fosse il 1861, e che quindi la celebrazione ricorresse nel 2011, mentre il Centrale secondo loro sarà pronto per il 2010… 
Misteri della politica romana.
Infine, ci fanno sapere che la copertura “sarà una struttura leggera, prefabbricata e smontabile”. Che significa esattamente? Boh. Nessuno lo sa. Finché, negli ultimi mesi, della copertura del Centrale non si è più parlato, sperando probabilmente che la gente se ne dimenticasse. 
Almeno fino alla pioggia di questi primi due giorni di torneo.
Per concludere, allo stato attuale non si ha nessuna certezza che il nuovo centrale sia pronto per l’anno prossimo, che i fondi siano sufficienti e soprattutto che il progetto preveda davvero la fantomatica copertura.
Chistopher Seton-Watson, insigne storico inglese che amava molto il nostro paese, da lui visitato a lungo negli anni ’50 e 60, scriveva: “gli italiani confermano ogni giorno il loro grande talento per la realizzazione delle opere pubbliche”.
Evidentemente, i nostri padri e i nostri nonni erano molto più bravi di noi.


Roberto Commentucci (tratto da: http://ubitennis.quotidianonet.ilsole24ore.com/)
(segnalato da Taj Hajjar)

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